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Scene di musica d’insieme in Bassa Baviera

di Johannes Streicher

Tra il 1392 e il 1503 Landshut è stata la residenza dei duchi di Baviera-Landshut, e la cittadina di (oggi) 75.000 abitanti a 70 km a nordest di Monaco è tuttora uno dei luoghi più belli della regione, dato che è stato bombardato poco durante la seconda guerra mondiale. Nel 1475 vi si svolse la cosiddetta Landshuter Hochzeit, lo sposalizio del principe Giorgio di Wittelsbach-Landshut, detto il Ricco, con Edvige, principessa di Polonia, una delle feste più grandiose del tardo medioevo, con – sembra – diecimila ospiti, tra cui l’imperatore Federico III, che a partire dal 1903 viene rievocata ogni quattro anni con una grande parata e giochi vari, uno degli eventi storicizzanti più seguiti della Mitteleuropa.

La sala da ballo del 1475 è stata rinnovata, nell’ambito di un restyling del municipio in forme neogotiche, nel 1882/83, epoca a cui risalgono i grandi affreschi di August Spieß (1841-1923), presente anche al castello di Neuschwanstein con un ciclo ispirato al Parzival di Wolfram von Eschenbach, e di Rudolf von Seitz (1842-1910), che rievocano, appunto, il gran trionfo del 1475. In questa sala di rappresentanza, il Rathausprunksaal, dotata di un’ottima acustica, si sta svolgendo la seconda edizione di un bel Festival di musica da camera, fondato da Peter Haarpaintner, presidente degli Amici della Musica (Freunde der Musik e.V. Landshut), e dal direttore artistico, il violinista russo Mikhail Pochekin, allievo di Viktor Tretiakov, Rainer Schmidt e Ana Chumachenko.

La formula sembra che sia ispirata a Marlboro, nel Vermont, negli Stati Uniti, dove a partire dal 1951 il pianista Rudolf Serkin, assieme al violinista Adolf Busch e al violoncellista Hermann Busch, aveva diretto un festival di musica da camera, volutamente svoltosi lontano dai grandi centri, in cui le nuove leve avevano modo di suonare al fianco di celebri solisti, in un turbinio di magnifici concerti quotidiani, poi portati in tournée in tutta l’America. A Marlboro passò il Gotha della musica mondiale, da Pablo Casals in giù, ma, se mi è consentito esprimere il mio stupore, i programmi, a rileggerli oggi, a parte l’invidia dei posteri, suscitano anche una certa dose di incredulità, poiché molte volte somigliavano a un’accozzaglia di pezzi, bellissimi presi singolarmente, ma accostati in maniera piuttosto disinvolta e francamente talvolta spiazzante. (Il Rome Festival di Fritz Maraffi degli anni Settanta-Ottanta accostò anch’esso di tutto e di più, volendo forse ispirarsi anch’esso a Marlboro?!)

A Landshut, invece, abbiamo i grandi solisti, le new entry e al contempo dei programmi bellissimi, in cui la rotazione dei musicisti tra un brano e l’altro di norma non è totale, ma solo parziale, sicché si formano come dei fili rossi, senza il rischio di far risultare qualcosa o qualcuno come del tutto spaesato.

Nella fattispecie, il concerto d’inaugurazione, tenutosi la sera del 30 agosto, è iniziato con un trio d’archi sui generis, proseguendo con brani per violoncello e per violino e pianoforte, e terminando con un sestetto d’archi, laddove tre degli archi solisti erano comparsi già precedentemente, dando luogo, quindi, a un gioco di metamorfosi di formazioni assai stimolante.

Nel Terzetto per due violini e viola in do maggiore op.74 di Antonín Dvořák si è potuto apprezzare l’approccio autentico da Hausmusik, con un incedere ora etereo, ora sorprendentemente drastico a livello dinamico (manca pur sempre un violoncello…), una omogeneità di suono e un’intonazione mirabile, che hanno rivelato Ilya Gringolts come primarius perfetto anche solo di un trio insolito, costituito assieme a Mikhail Pochekin e al violista serbo Marko Milenković, musicalissimo, di stanza dapprima a Stoccarda e ora a Colonia, vera scoperta della serata.

Il violoncellista Simon Tetzlaff, figlio del grande violinista tedesco Christian Tetzlaff, ha voluto presentare la rarità Malinconia op.20 di Jean Sibelius in cui, oltre al suo bel suono intenso, si è potuto ammirare la classe e l’eleganza del pianista Herbert Schuch: visto che il compositore si è divertito a far alternare a lungo i due strumenti, piuttosto che a farli suonare insieme, c’è stato modo di notare più del solito l’incredibile leggerezza di tocco di Schuch, che può ricordare dei grandi come Carlo Zecchi (che ho fortunatamente fatto in tempo ad ascoltare dal vivo con Dino Asciolla, in una memorabile serata bachiana nel 1983) o il giovane Ivo Pogorelich, solo che Schuch non ha mai voluto mettersi in mostra; del resto, con tutta la simpatia per Sibelius, Malinconia forse non è il suo capolavoro, ma in compenso è stato suonato in maniera stupenda.

Vero pezzo di bravura per un duo affiatato come quello di Ilya Gringolts e di Peter Laul è il Divertimento di Stravinskij del 1928, in cui l’ironia graffiante, la marcia spiritosa, i pizzicati esasperati, le doppie corde taglienti hanno condotto a un finale strepitoso, salutato da entusiasmo genuino. Difficile immaginare una resa musicalmente più trascinante di quella donataci a Landshut.

Dopo una prima parte di livello altissimo si è tuttavia toccato il vertice con il Sestetto per archi di Čajkovskij, affidato a Mikhail Pochekin, l’americana di origine coreana Christel Lee, il cinese Wen Xiao Zheng, allievo di Hariolf Schlichtig, Marko Milenković, il finlandese/olandese Jonathan Roozeman e Simon Tetzlaff. L’interpretazione nel complesso è stata più lirica che drammatica, forse anche perché Pochekin come leader è al meglio nei momenti di espansione melodica; le leggerezze mendelssohniane degli inserti veloci del secondo e del terzo movimento erano animate da un’autentica grazia di elfi del Sogno di una notte di mezza estate. Ma se devo morire (non che l’abbia preventivato nei prossimi tempi, ma pare che sia inevitabile) vorrei ascoltare l’Adagio cantabile e con moto dal Souvenir de Florence, possibilmente godendo del dialogo di primo violino e primo violoncello sotto le mani di Pochekin e Roozeman, o dei camei di una viola incredibilmente cantabile come quella di Zheng.

Gran finale, russo, ma non troppo marcatamente slavo, piuttosto di eleganza francese, nell’Allegro vivace che ha sigillato un concerto eccezionale, in cui sei archi di provenienze diversissime hanno dimostrato con grinta e verve peculiari che è possibile superare qualsiasi steccato se infervorati dallo spirito giusto. Qualche posto vuoto si spiega con la concomitanza della Bartlmädult (per la cronaca, la 685a edizione di questa festa in onore di San Bartolomeo, in riva all’Isar), ma il pubblico accorso al Rathausprunksaal è stato premiato ben più di coloro che si sono fatti abbindolare dal luna park…

 

Kammermusikfestival Landshut 2024
Ilya Gringolts, Mikhail Pochekin e Christel Lee, violino
Marko Milenković e Wen Xiao Zheng, viola
Simon Tetzlaff e Jonathan Roozeman, violoncello
Herbert Schuch e Peter Laul, pianoforte

Rathausprunksaal di Landshut (Baviera)
30 agosto 2024, ore 20