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Il Quartetto Ébène a Milano: Quando la somma di 1+1+1+1 fa molto più di 4

di Lucia Molinari

La prima cosa da dire è che quello di martedì 21 gennaio in Sala Verdi a Milano, per la Società del Quartetto, è stato un evento musicale straordinario, la dimostrazione di come l’arte che guida la fusione di quattro strumenti possa essere così potente da creare un intero universo di relazioni e trasformazioni.

Il Quatuor Ébène (composto da Pierre Colombet e Gabriel Le Magadure al violino, Marie Chilemme alla viola e Yuya Okamoto al violoncello) si è confermato ancora una volta non solo uno dei migliori ensemble a livello mondiale per straordinarie abilità e qualità tecnico-interpretative, ma un punto di riferimento importante nella realtà contemporanea del quartetto d’archi.

L’identità di questa compagine si esprime infatti prima di tutto in un’estetica (e, in certo senso, in un’etica) di suono volta alla assoluta fusione, omogeneità e compattezza. Un suono straordinariamente ricco di sfumature, dai vibranti armonici e un ampio respiro che ha colmato la grande sala. Complice del contributo di quattro eccezionali strumenti (nell’ordine Stradivari “Piatti”, Guarneri, Stradivari “Gibson” e Grancino), il risultato sonoro ipnotico, fluido, affascinante e duttile, ha reso spesso impossibile distinguere l’effettiva provenienza della singola voce.

La scelta del repertorio è la coraggiosa espressione di un ensemble nel pieno della sua maturità musicale, che nonostante la recente metamorfosi con il cambio di violoncellista, non vacilla, anzi ne acquista nuova energia.

Il sorgere delle prime note della serata è affidato al Quartetto op.76 n.4 detto “L’aurora” di F.J. Haydn, una pagina di grande grazia e straordinaria espressività nella sua apparente semplicità. Fin da subito è stata chiara la raffinata e sofisticata sinergia di gesti e respiri che hanno dato una forma molto chiara e caratterizzata a questo caposaldo classico. Con grande gusto, eleganza, sensibilità stilistica e un po’ di ironia si è manifestato il pensiero maturo, innovativo e geniale di Haydn.

A seguire, in una sorta di ideale e moderna continuità abbiamo potuto ascoltare i Tre Divertimenti di B. Britten, con vitalità espressiva e inventiva che hanno messo in luce la creatività del giovane compositore intento a tratteggiare con le note i ritratti di tre amici. Dalla Marcia, al Valzer e alla Burlesque, l’Ébène ha reso con grande precisione l’intensità,  gli estremi contrasti e la netta definizione dei gesti musicali.

Dopo un breve intervallo è stata la volta della vera impresa della serata, l’esecuzione del mastodontico Quartetto op.130 di L. van Beethoven con l’originale annessione nel finale della Grande Fuga op.133. Questo autore rappresenta sicuramente il fulcro della ricerca artistica dell’Ébène che ha da poco concluso il progetto Beethoven around the World, che ha previsto l’esecuzione dell’integrale quartettistica con 21 concerti in sei differenti continenti, di cui oggi possiamo goderne i frutti del lavoro e la splendida ed autentica incisione per Warner.

La profondità e l’intensità dell’interpretazione del quartetto francese, che ha preso voce attraverso questo così ricco, variopinto, morbido ma denso e risonante suono, è stata la vera essenza di questa serata.

In una Sala Verdi gremita, il pubblico attento si è lasciato trasportare in questo lungo ed articolato percorso creativo beethoveniano. Sin dalla genesi del primo intervallo, con la sua così carica tensione abbiamo avvertito la grandezza di questo capolavoro. La lucidità di questa lettura ha permesso di seguire con grande precisione il disegno narrativo che con una progressiva complessità alterna momenti di sofisticato contrappunto con episodi popolari e d’impatto nella loro semplicità. Grande virtuosismo si è espresso nella pagina del Presto, impostata con una rapidità tale da renderne a pieno l’impazienza e il turbinio. Di ampio respiro invece la lirica, malinconica e dolcissima Cavatina, un memorabile e sempre commovente momento di puro canto nel repertorio quartettistico. Il calore e la profondità dei moti armonici hanno trovato nel suono cangiante dell’Ébène una perfetta espressione. Il sogno senza tempo della Cavatina è però perentoriamente interrotto dal motto della Grande Fuga, esposto con determinazione e nettezza. È in questo epico finale che l’Ébène mostra maggiormente la forza, la solidità, l’intensità e la maturità dei suoi componenti anche a livello strettamente individuale. Qui dove ogni soggetto musicale richiede estrema forza, non viene a mancare l’energia travolgente e il nervo di ogni singola voce, che confluisce in un globale risultato di entusiasmante potenza. 

Martedì 21 gennaio 2025
Società del Quartetto di Milano
Quartetto Ébène
Musiche di Haydn, Britten, Beethoven

Fotografia di Julien Mignot