Autori slavi in salsa italo-giapponese a Rovereto
di Johannes Streicher
È possibile costruire un intero recital di violoncello e pianoforte senza ricorrere alle Sonate di Beethoven, di Brahms o di Debussy? Questo sembra sia stato il quesito che si sono poste la messinese Caterina Isaia e la giapponese Yukino Kaihara, presentandosi in duo nella piccola Sala Filarmonica di Rovereto, sul palco posto sotto il nume tutelare Riccardo Zandonai, che a Borgo Sacco presso Rovereto ha visto i natali nel 1883. La risposta è: sì, si può. Una volta tanto, dunque, non si sono ascoltate le pur splendide colonne del repertorio violoncellistico, a tutto favore di brani rimasti un po’ ai margini dei programmi concertistici tradizionali. A torto, almeno in un caso, come possiamo dire sin d’ora.
Ma andiamo per ordine. L’antipasto è stato offerto con le Sette Variazioni su “Bei Männern, welche Liebe fühlen“ dal Flauto magico. Quindi, sì, Beethoven, ma quello minore di uno dei suoi tre cicli di Variazioni, che in fin dei conti è sempre bello rigustare, dato che l’inesauribile inventiva sorprende ogni volta di nuovo, specie quando il registro grave viene padroneggiato con un suono così suadente e nobilmente coinvolgente come quello di Caterina Isaia. A soli ventidue anni (è del 2002!) si presenta sicurissima fin dalla prima nota – forte di numerosi premi e borse di studio internazionali –, assecondata in maniera mirabile dalla sua compagna d’avventura, anch’ella giovane (è nata nel 1992 a Hiroshima, ma ormai di stanza a Berlino) e perfettamente a suo agio con il jeu perlé mozartiano, richiesto in molte delle sempre spiritose Variazioni beethoveniane.
Intermezzo un po’ superfluo, anche se non indigesto, data la durata fortunatamente non troppo estesa del brano (“La brevità, gran pregio”, diceva già Rodolfo nella Bohème pucciniana), con il Grave di Witold Lutoslawski. Gran nome della storia della musica polacca, la cui fama si fonda essenzialmente sulle splendide e virtuosistiche, giovanili Variazioni su un Tema di Paganini per due pianoforti e l’ancora bartokiano Concerto per orchestra, a un certo punto decise che si sarebbe dovuto modernizzare, cominciando a scrivere dei brani modellati su uno stile ‘internazionale’ assolutamente interscambiabile con dozzine di altri compositori e che nel suo bruitismo fauve non aggiunge poi molto al già detto (meglio e altrove). Brano tendenzialmente bruttino, eseguito però con mirabile precisione e notevole dispendio di energia, senza che le due fanciulle perdessero un solo micron di codesta calcolata isteria.
Piatto forte, la Sonata op.119 di Sergej Prokof’ev. Scritta nel 1949 per Rostropovich, forse è stata scelta dalla Isaia per via dei numerosi passaggi che mettono in evidenza il suo meraviglioso suono nei registri inferiori, sulle corde di Do e Sol, che sembrano fatte di un materiale particolare, non alla portata di tutti i suoi colleghi, dato il velluto d’altri tempi che pare propagarsi nella sala. Stupendi, in particolari, il tema lirico del primo movimento (dopo il quale alcuni ascoltatori assai zelanti si sono messi inopinatamente ad applaudire) e le altre zone (neo)romantiche, in cui aleggiava lo spirito di Romeo e Giulietta (momentaneamente trasferitisi a Rovereto, dalla non lontana Verona), laddove la corrispondenza tra violoncello e pianoforte era assolutamente ideale. Ma anche i numerosi aspetti scherzosi (il grottesco, tipico di molto Prokof’ev, qui non compare) sono stati resi a dovere, con una estrema raffinatezza di tocco della pianista cui faceva da contraltare un ampio repertorio di pizzicati, flautati e vari colpi d’arco riusciti tecnicamente in maniera semplicemente perfetta. Grande interpretazione di un brano ingiustamente semidimenticato dai più, cui il nostro duo ha conferito lo status di capolavoro.
Dessert gustosissimo, l’Introduzione e Polacca brillante op.3 di Chopin. Yukino Kaihara era particolarmente nel suo elemento nella parte lenta, cantabile e struggente, la cui punteggiatura pianistica non si sarebbe potuto immaginare più poetica; qui, e in particolare nella Polonaise (quante volte si è sentito il Triplo Concerto di Beethoven in interpretazioni dove nel terzo movimento mancava la giusta resa di quell’elettrizzante elemento di danza?!), l’insolita combinazione di pesce spada e sushi si era idealmente calata nello spirito slavo, offrendoci un boršč che a me (lo ammetto, straniero e non esattamente esperto di cucina polacca) sembrava autenticamente chopiniano. Finale pirotecnico!
Come se non bastasse, il tutto è stato innaffiato da un ottimo Rio Tinto argentino, sotto forma del Grand Tango di Astor Piazzolla.
Associazione Filarmonica di Rovereto
Sala Filarmonica di Rovereto
3 febbraio 2025, ore 20.30
Caterina Isaia, violoncello
Yukino Kaihara, pianoforte