
Cuarteto Casals a Milano: desiderio di mondi più belli
di Lucia Molinari
«Desiderio di mondi più belli, riempire gli spazi oscuri d’un immenso sogno d’amore» (F. Schubert, 1823)
Nel salotto musicale de La Società del Quartetto di Milano si è tenuto un concerto di alto profilo che ha rinnovato negli ascoltatori la consapevolezza e la gratitudine che deriva ogni volta che vengono rimessi in vita i grandi capolavori del repertorio cameristico, poiché siamo di fronte ad un evento unico ed irripetibile nella sua essenza più pura.
Protagonista sul palco il Cuarteto Casals (Vera Martinez-Mehner e Abel Tomàs ai violini, Cristina Cordero alla viola e Arnau Tomàs al violoncello), la più conosciuta e affermata formazione cameristica spagnola, portatrice del nome del grande violoncellista catalano che ha marcato una svolta fondamentale nella storia del suo strumento.
Il gruppo vanta un'attività musicale longeva (dal 1997) e si è distinto con le sue spiccate peculiarità: innanzitutto una precisa scelta di suono volta alla costante rotondità, all’articolazione, all'armonia del gesto e al morbido respiro nel suono, una attenta consapevolezza ed espressione storico-stilistica ed infine la duttile e stimolante metamorfosi che il gruppo compie nel momento in cui si alternano i due violinisti nei ruoli di primo e secondo violino.
L'ensemble ha proposto al numeroso pubblico milanese un programma che prevedeva nella prima parte della serata l'Oración del Torero di Joaquin Turina (1925) e il Quartetto in Re maggiore K499 “Hoffmeister” di Wolfgang Amadeus Mozart; a seguire il meraviglioso Quintetto in Do maggiore op.163 D956 di Franz Schubert.
Il brano di Turina è una suggestiva pagina musicale di stampo impressionistico, che unisce temi spagnoli della religione e della corrida, con l’intento di mettere in musica il momento in cui i toreri si recano in preghiera prima di affrontare la grande sfida. Il contrasto emotivo tra l’intimità del momento sacro e il tumulto del pubblico in festa è valorizzato dall’interpretazione proposta dal Casals, che ai caratteri più ritmici ed energici contrappone tinte cangianti, sonorità soffuse e delicate, in un'atmosfera onirica e quasi irreale.
Segue la meravigliosa opera mozartiana e nel ruolo di primo violino troviamo Abel Tomàs, che determina una interessante trasformazione del gruppo, pur nella chiara uniformità di intenti e d’interpretazione. Qui la cura del dettaglio è molto attenta, l'uso dell'arco e del vibrato riflettono una precisa idea storico interpretativa volta ad avvicinarsi a quello che sarebbe potuto essere il suono mozartiano. Complice di questa articolazione pronunciata, combinata ad un suono morbido e rotondo, è l'uso di archi “classici”, strumenti di transizione ispirati a quelli in uso nel diciottesimo secolo.
A seguito dell’intervallo il tanto atteso capolavoro schubertiano, uno di quei monumenti musicali che più di tutti restituisce l'immensità dell'arte musicale. Sul palco in compagnia del Casals troviamo il violoncellista Eckart Runge, che del quartetto ha fatto la sua vita e la sua carriera insieme ai colleghi dell'Artemis Quartett. Nonostante lo scioglimento del gruppo nel 2021, Runge da questo microcosmo non si è allontanato e negli ultimi anni si è spesso unito a diversi quartetti proprio per l'esecuzione di questo straordinario brano, di cui lo si può dire un esperto.
Dalla sua vasta esperienza e sensibilità artistica deriva infatti un’impressionante capacità di non essere “ospite” ma di fondersi al suono, all’interpretazione e all’identità del gruppo, sostenendo e contribuendo magnificamente all'impalcatura sonora. Menzione speciale per i “migliori pizzicati” nel mistico e sospeso dialogo col primo violino nell’Adagio.
La differente disposizione sul palco che ha visto la violista seduta all'interno del semicerchio e il secondo violoncello all'estremità destra ha particolarmente favorito la trasparenza e l’intensità del suono di Cristina Cordero, che appena ventiseienne è da pochi mesi parte dell'ensemble al posto dello storico Jonathan Brown; al tempo stesso è stato così messa in risalto la definizione e la chiarezza delle linee della voce grave del violoncello. Per questo brano la leadership musicale è tornata nelle mani di Vera Martinez-Mehner che con la sua spiccata personalità ha accompagnato il gruppo attraverso il labirintico viaggio musicale fatto di reiterazioni, trascolorazioni, metamorfosi e manipolazioni della temporalità, in un ambiguo muoversi tra la nostalgia del ricordo e la proiezione in avanti, tra il dolore e la speranza, il dramma e l’idillio. Un’esperienza emotiva iniziata dal mistero di un accordo in potenza e conclusa nell’esaltazione della gioia finale.
A concludere la serata come fuori programma il celebre Minuetto dal Quintetto in Mi maggiore op. 11 n. 5 di Luigi Boccherini, che con la sua grazia, semplicità e raffinatezza ha ricamato i saluti del gruppo, regalando un sorriso che ha alleviato lo spirito dai tormenti schubertiani.
Società del Quartetto
Sala Verdi, Milano
18 febbraio 2025