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Haydn, Sheriff e Bartók. Kolja Blacher a Roma

di Mauro Mariani

Da circa cinque anni Kolja Blacher alterna l’archetto del violinista alla bacchetta del direttore d’orchestra (è un modo di dire, perché dirige senza bacchetta) e in alcuni casi li unisce, come in questo concerto organizzato dalla Fondazione Sincronia, che lo vede impegnato sia come solista sia come  direttore della Sincronia? Yes! Orchestra, fondata nel 2023 da Barbara Agostinelli e Alessio Allegrini e composta da alcuni maestri dei corsi musicali di Sincronia e da giovani allievi che durante tali corsi si sono distinti per il loro talento. L’organico per questo concerto è di venti strumenti ad arco, tra cui figurano Yehezkel Yerushalmi, storica Spalla dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Leonardo Li Vecchi e Amin Zarrinchang, rispettivamente prima viola e primo contrabbasso dell’Opera di Roma.

Apre questa bella serata musicale il Concerto in Do maggiore per violino e orchestra di Franz Joseph Haydn, il primo dei quattro (ma uno è andato perduto) da lui composti negli anni della sua prima maturità: non sono considerati composizioni fondamentali come i suoi Quartetti e le sue Sinfonie, ma sono pur sempre opere di uno dei più grandi musicisti di ogni tempo. Niente settecentismi di maniera nell’interpretazione di Blacher di questo Concerto, che supera il barocco e si muove in direzione delle grandi architetture sonore del classicismo. Il suono pieno e robusto dell’orchestra e l’energico e deciso ritmo puntato rendono maestoso l’inizio del primo movimento. Il dialogo tra solista e orchestra è molto stretto, il violino è un primus inter pares, non il protagonista assoluto, e l’equilibrio è perfetto. Invece nell’Adagio il solista domina e, sostenuto dal pizzicato dell’orchestra, intona una melodia di pura e limpida bellezza, senza ombra di sentimentalismo. Tutto cambia nelle battute finali del movimento, sorprendenti e corrusche. Il movimento finale non è il consueto Rondò ma una Forma-Sonata condensata e molto dinamica.

Questo Concerto non presenta presenta particolari difficoltà ma richiede al Konzertmeister tanta esperienza e maturità, che certamente non difettano a Kolja Blacher, il cui virtuosismo non sta solamente nelle dita ma anche nello stile e nell’eleganza. Da parte sua la Yes! Orchestra sorprende per la compattezza, la precisione e il suono pieno e ben timbrato: sono qualità proprie delle orchestre di grande esperienza ma questo gruppo giovane per fondazione e per età media dei suoi elementi già le ha fatte sue. Fa un’ottima impressione anche la sicurezza che dimostra l’orchestra in ciascuno dei tre pezzi in programma, totalmente diversi tra loro.

Dopo Haydn è la volta di Prayers dell’israeliano Noam Sheriff (1935-2018), allievo di Boris Blacher, il padre di Kolja. In questo brano Sheriff scrive per l’orchestra a parti reali, creando un tessuto sonoro fitto e formicolante. Un trattamento dell’orchestra indubbiamente moderno, in cui però si avverte qualcosa di arcaico, che probabilmente – come suggerisce il titolo – evoca le preghiere della sinagoga. Ai momenti densi, tesi e drammatici caratterizzati da armonie aspre e ritmi violenti si alternano i momenti meditativi e sereni: bellissimo il lungo passaggio per violino e violoncello soli che sta al centro del brano. Un ascolto che fa fa riflettere su quanti compositori quasi totalmente assenti dalle nostre stagioni concertistiche, come Sheriff, meriterebbero invece di essere meglio conosciuti.

Concludeva il concerto un capolavoro del Novecento, il Divertimento per orchestra d’archi di Bela Bartók, scritto nel 1939 poche settimane prima dell’invasione della Polonia da parte dei nazisti. Che musica splendida! Ogni movimento è un gioiello. Il primo risente del neoclassicismo imperante, ma Bartók lo innerva della gioiosa vitalità delle danze popolari ungheresi. Il Molto Adagio è uno delle meravigliose pagine notturne di Bartók, che immerge l’ascoltatore in una panica comunione con il mistero della notte, nella cui pace silenziosa si sente vibrare però una sotterranea angoscia. Il finale, Allegro assai, ribolle di idee, la cui perfetta realizzazione richiede ai musicisti una dimostrazione di virtuosismo orchestrale. Calorosi e prolungati applausi ringraziano Blacher e l’orchestra per queste esecuzioni di gran classe.

Fotografie di Ilaria Giorgi

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